Blog aziendale Studio HABITO

AGGIORNAMENTI NORMATIVI


La Fatturazione Elettronica


Cosa è la Fatturazione Elettronica?

La Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), ha disposto che a partire dal 1° gennaio 2019, tutte le fatture emesse tra soggetti residenti in Italia per cessioni di beni o prestazioni di servizi, dovranno essere esclusivamente di tipo elettronico, come già per la fatturazione verso la Pubblica Amministrazione, il cui obbligo del formato elettronico era stato introdotto nel 2014.

Fino ad ora le fatture tra privati, sia emesse tra operatori IVA (operazioni definite B2B –  Business to Business) o verso un consumatore finale (operazioni definite B2CBusiness to Consumer) venivano generate su supporto cartaceo, riportando i dati obbligatori ai fini fiscali, ma redatte in un’illimitata varietà di formati.

Con la fatturazione elettronica, tutte le fatture emesse dovranno essere prodotte unicamente utilizzando il formato standard XML (eXtensible Markup Language), un linguaggio informatico strutturato che consente di definire e controllare il significato degli elementi contenuti nel documento, verificando così le informazioni ai fini dei controlli previsti per legge.

Fondamentalmente finisce l’era della carta stampata in quanto la redazione di una fattura sarà possibile esclusivamente utilizzando un idoneo software operante su un computer connesso alla rete internet che genererà un file in formato XML il quale, tramite l’indirizzo telematico dell’emittente, sarà poi trasmesso al Sistema di Interscambio (SDI) dell’Agenzia delle Entrate che, una volta verificata la presenza di tutti i dati obbligatori, la validità dei dati fiscali del fornitore e del cliente, recapiterà la fattura, sempre nel formato XML, all’indirizzo telematico del destinatario.

ciclo di fatturazione elettronicaIl Sistema di Interscambio (SDI) rappresenta pertanto il punto di passaggio obbligato per il flusso di fatturazione elettronica in quanto oltre a svolgere funzione di controllo formale, effettua successivamente l’effettivo recapito della fattura al destinatario: qualora la fattura non transiti attraverso il SDI, essa viene considerata come non emessa.

Se tutto ha esito positivo, il SDI invia una “ricevuta di recapito” all’emittente; viceversa recapita invece una “ricevuta di scarto” ed anche in questo caso la fattura si considera come non emessa.

 

Cosa è l’indirizzo telematico?

L’indirizzo telematico per la ricezione delle fatture può essere:

  • un indirizzo di P.E.C. (Posta Elettronica Certificata), che il fornitore in fase di emissione della fattura inserirà nel campo «PEC Destinatario», inserendo in tal caso nel campo «Codice Destinatario» il valore «0000000» (sette volte zero).
    In questo caso il SDI recapiterà la fattura elettronica sulla PEC del cliente.
  • un “codice univoco” alfanumerico di 7 cifre, da inserire nel campo «Codice Destinatario» della fattura.
    L’utilizzo del codice univoco rappresenta la migliore condizione per una corretta trasmissione del documento ed una corretta gestione fiscale anche perché generalmente viene fornito dalla software house sviluppatrice del gestionale aziendale utilizzato per la fatturazione elettronica, che svolge pertanto funzione di intermediario tra l’azienda ed il Sistema di Interscambio.

Qualora l’utente destinatario non abbia alcun indirizzo telematico (PEC o codice univoco) dovrà essere valorizzato con «0000000» (sette volte zero) esclusivamente il campo «Codice Destinatario» della fattura.
Può essere questo il caso della fatturazione verso il consumatore finale: in tal caso il fornitore dovrà comunicare al cliente che la fattura elettronica sarà recapitata dal SDI nella sua area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate, nonché fornire la fattura su supporto cartaceo o PDF.

 

Qual è il codice univoco di Studio HABITO srls?

Dal 1° gennaio 2019, per emettere fatturazione elettronica per servizi prestati nei confronti di Studio HABITO srls o dei condominii da noi amministrati, tutti i nostri fornitori dovranno utilizzare il seguente codice univoco:

 M5UXCR1

evidenziatore


La PEC (Posta Elettronica Certificata) in condominio


Cosa è e come funziona la Posta Elettronica Certificata?

La Posta Elettronica Certificata è un particolare servizio di posta elettronica, introdotto con il D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3), che consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge.

Tale servizio, che deve rispondere a determinate regole tecniche fissate dal predetto D.P.R. e successive norme, può essere fornito esclusivamente da gestori accreditati presso l’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) pubblicati su apposito elenco.

E’ quindi il gestore che “certifica” i passaggi eseguiti dal messaggio che si vuole trasmettere, ma vediamo come:

come funziona la PEC


quando si invia una email PEC il messaggio(1) del mittente viene inserito, a cura del proprio gestore PEC, all’interno di una “busta di trasporto(2) firmata digitalmente e recapitata al gestore PEC del destinatario che avrà poi il compito di renderla disponibile all’utente finale(5).
Se queste operazioni vanno a buon fine, al mittente vengono inviate:

  • una RICEVUTA DI ACCETTAZIONE(3) a cura del gestore PEC del mittente (che attesta l’avvenuto invio della email da parte del gestore PEC)
  • una RICEVUTA DI AVVENUTA CONSEGNA(4) a cura del gestore PEC del destinatario (che attesta che l’email è stata correttamente ricevuta dal gestore PEC del destinatario)

E’ quest’ultima “RICEVUTA DI AVVENUTA CONSEGNA” che costituisce la prova legale – equivalente all’avviso di ricevimento (ricevuta di ritorno) – della posta raccomandata e che, quindi, sancisce l’avvenuta notificazione dell’atto.
Se invece si verifica qualche anomalia, il gestore PEC informa il mittente che non è stato possibile consegnare il messaggio.
Tutte le operazioni vengono in ogni caso “tracciate” elettronicamente ed i relativi dati, anch’essi aventi valore legale, restano disponibili presso i gestori PEC per un periodo di 30 mesi.

punto-esclamativo

PER AVERE VALIDITA’ LEGALE PERO’, LA TRASMISSIONE DEL MESSAGGIO DEVE NECESSARIAMENTE AVVENIRE TRA DUE INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA: UN INDIRIZZO DI POSTA ELETTRONICA ORDINARIA, NON AVENDO I REQUISITI TECNICI DELLA PEC, NON E’ IN GRADO DI FORNIRE UNA VALIDA RICEVUTA DI AVVENUTA CONSEGNA!

 

Dal punto di vista dell’utilizzatore, una casella PEC non si differenzia molto da una casella di posta elettronica normale in quanto ciò che cambia è solo il sistema di comunicazione sul quale essa si basa: l’utente destinatario però non visualizza direttamente l’email del mittente, ma un messaggio “busta” generato dal gestore PEC del mittente, contenente due allegati: la email “originale” del mittente con i relativi allegati ed un altro file contenente la “segnatura informatica”.

 

Come si invia la convocazione dell’assemblea?

convocazione assemblea

La comunicazione tra amministratore e condòmino – nel suo più ampio significato – è una delle cose fondamentali del rapporto professionale, tuttavia, per alcuni particolari tipi di comunicazione c’è la necessità, stabilita per legge, di utilizzare specifiche forme di trasmissione che assicurino legalmente il recapito dell’informazione al destinatario, in quanto è necessario che egli ne possa prendere cognizione nei tempi previsti.

É questo il caso dell’avviso di convocazione dell’assemblea (art. 66 disp. att. Codice Civile) che essendo un atto unilaterale di tipo recettizio (art. 1334 Codice Civile), produce effetto legale dal momento in cui la persona alla quale è destinato ne ha conoscenza, cosa che deve avvenire con le modalità ed entro i termini previsti dalla legge.

L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne e’ fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.

Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In mancanza dell’amministratore, l’assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino.

L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione.

In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare e’ annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.

L’assemblea in seconda convocazione non può tenersi nel medesimo giorno solare della prima.

L’amministratore ha facoltà di fissare più’ riunioni consecutive in modo da assicurare lo svolgimento dell’assemblea in termini brevi, convocando gli aventi diritto con un unico avviso nel quale sono indicate le ulteriori date ed ore di eventuale prosecuzione dell’assemblea validamente costituitasi.

Efficacia degli atti unilaterali

Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.

 

Il metodo più diffuso per l’invio della convocazione dell’assemblea di condominio, oltre alla consegna di persona (che può effettuarsi in alcuni casi solo grazie alla disponibilità di uno o più condòmini), all’invio via fax (apparecchio che non tutti posseggono e che peraltro è ormai destinato all’obsolescenza), è l’utilizzo della posta raccomandata, ma la legge prevede anche l’utilizzo della posta elettronica certificata (P.E.C.), che avendo lo stesso valore legale della posta raccomandata con avviso di ricevimento, fornisce al mittente piena prova di avvenuta consegna al destinatario.

La normale posta elettronica ordinaria invece, che in linea di principio potrebbe essere parimenti utilizzata, non è tuttavia considerata legalmente valida per le notificazioni in quanto il sistema di gestione non fornisce prova dell’avvenuta consegna del messaggio al destinatario, cosa indispensabile allorché dovessero insorgere contestazioni in merito all’effettiva ricezione della comunicazione.

 

Perchè è conveniente utilizzare la PEC ?

Analizziamo con attenzione le due metodologie di invio di comunicazioni:

POSTA RACCOMANDATA TRADIZIONALE (semplice o con avviso di ricevimento)


raccomandataOgni volta che inviamo a qualcuno una raccomandata tradizionale cartacea affidiamo il plico ad un’azienda di recapito postale.

Passano alcuni giorni… ed avviene la consegna, oppure, trascorsi 10 giorni dal tentativo di consegna, l’azienda fornirà al mittente, una comunicazione di compiuta giacenza.
Qualora la tipologia di raccomandata sia con avviso di ricevimento, ad avvenuta consegna l’azienda di recapito fornirà al mittente anche una ricevuta di ritorno (sempre cartacea): in tutti i casi la consegna del plico al destinatario si intende legalmente eseguita.

Il destinatario per sapere di aver ricevuto una raccomandata però, deve trovarsi in casa o quantomeno deve passarci: nessuno lo avverte che ha della posta nella buca delle lettere.

E poi… ma cosa contiene la busta?  E’ vero… il mittente potrà anche avere – come prova legale di consegna – la ricevuta di ritorno… sì… ma chi può dire, con assoluta certezza, quale documento egli aveva realmente inserito nel plico prima di inviarlo?

E in ultimo: tutto questo servizio ha ogni volta un costo, che peraltro varia anche in funzione del peso del plico e nel bilancio condominiale tale spesa viene addebitata al condòmino destinatario.

POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA


Posta Elettronica CertificataUtilizzando la PEC invece, il mittente, stando comodamente seduto davanti al suo computer o smartphone connesso alla rete Internet, può inviare qualsiasi tipo di documento ad un altro destinatario provvisto di PEC ed ottenere una ricevuta di avvenuta consegna, legalmente equivalente alla tradizionale ricevuta di ritorno della raccomandata cartacea, in un tempo pressoché immediato, azzerando quindi le tradizionali attese postali.

Il destinatario non è costretto a stare in casa per prendere visione della posta, ma può consultare la propria casella PEC da qualsiasi computer o smartphone connesso alla rete Internet ed inoltre, nel caso si dimentichi di controllare la propria PEC ha la possibilità di attivare una funzione che automaticamente lo avviserà su altri canali (email ordinarie consultate costantemente o SMS) dell’arrivo di una comunicazione PEC.

In più il mittente può attivare una funzionalità che permette di ottenere una ricevuta di consegna “completa” (e cioè contenente anche una copia esatta, firmata digitalmente dal proprio gestore PEC, del messaggio spedito), così da poter avere indiscutibile prova legale del contenuto del messaggio ricevuto dal destinatario.

 

E tutto questo quanto costa ?

L’acquisto di una casella PEC ha un costo annuale che è quanto l’invio di una sola raccomandata tradizionale, ma è viceversa possibile inviare e ricevere un numero illimitato di email certificate.

L’uso della casella PEC è assolutamente personale pertanto il suo utilizzo, oltre a determinare il totale azzeramento delle spese postali personali nel bilancio condominiale, permette il risparmio di qualsiasi spesa postale eventualmente necessaria per comunicare con le Pubbliche Amministrazioni, le società, le ditte individuali ed i professionisti iscritti in albi o elenchi istituiti con legge dello Stato, in quanto l’art. 16 del DECRETO-LEGGE 29 novembre 2008, n. 185  (convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2) ha stabilito l’obbligo, per tali soggetti, di dotarsi di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata per le comunicazioni.

 

Il nostro indirizzo PEC è: studiohabito@pec.studiohabito.it

Posta elettronica certificata


Studio HABITO consiglia l'uso della PEC

Invitiamo altresì i condòmini ancora sprovvisti di indirizzo PEC ad attivare una casella di Posta Elettronica Certificata personale, restando a disposizione per eventuale assistenza, anche di carattere tecnico.

 


Fonti normative: Normattiva
I testi delle normative riportate nell’articolo non rivestono carattere di ufficialità, l’unico testo definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a mezzo stampa, che prevale in caso di discordanza.

La Banda Ultralarga


…”PING”…  …”OK”…

Era il 1986.
Il mondo era ancora attonito dall’esplosione in volo durante il decollo dello Space Shuttle Challenger, in Europa era appena accaduto l’incidente della centrale nucleare di Cernobyl, ma il 30 aprile del 1986 da Pisa, un calcolatore elettronico inviò il messaggio “PING” e poco dopo un altro calcolatore, da Roaring Creek (Pennsylvania, U.S.A.), rispose “OK” e fu così che l’Italia si connesse ad ARPANET, la prima rete di comunicazione globale tra computer.

 

Cosa è ARPANET?

ARPANET fu un progetto per la creazione di una rete di comunicazione tra università e centri di ricerca, sviluppato dalla ARPA (Advanced Research Projects Agency), agenzia governativa statunitense voluta nel 1958 dal generale e presidente Dwight Eisenhower a seguito del lancio in orbita terrestre del satellite artificiale Sputnik 1 da parte dell’Unione Sovietica, il 4 ottobre 1957.
In ARPA lavorarono i migliori cervelli dell’epoca, visionari.

Era il 1969.
L’umanità era eccitata dal fatto che verosimilmente l’uomo mise piede sulla Luna, ma il 29 ottobre del 1969 in California (U.S.A.) venne realizzato il primo collegamento tra due elaboratori elettronici distanti 560 Km, uno a Los Angeles e l’altro a Palo Alto: questa fu la cosa che davvero cambiò il mondo!

ARPANET nel 1980

Il progetto ebbe successo e ARPANET divenne di dominio pubblico tra la comunità accademico-scientifica, la rete iniziò ad ampliarsi interconnettendo diversi nodi universitari e di ricerca, ma il problema era far comunicare i calcolatori prescindendo dal sistema operativo utilizzato sulle macchine.

 

Nel 1983 venne definitivamente adottato come standard di comunicazione di ARPANET il protocollo TCP/IPv4 (Transmission Control Protocol/Internet Protocol version 4).

L’ARPA, che nel frattempo aveva assunto carattere strategico-militare divenendo DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), decise di creare una rete di comunicazione separata per scopi militari dando vita a MILNET (Military Network), mentre ARPANET continuò a svilupparsi per scopi civili e di ricerca, divenendo poi INTERNET.

 

Cosa è INTERNET?

INTERNET (Interconnected Networks) è una struttura che permette a diverse reti di collegarsi tra loro in maniera tale che diviene assolutamente irrilevante il luogo fisico di connessione al sistema: l’informazione transitando attraverso i molteplici nodi della rete è in grado di raggiungere il destinatario potendo percorrere una molteplicità di strade diverse in base alle condizioni di traffico presenti in quel momento.

INTERNET è quindi una “ragnatela” di cavi, antenne, satelliti che permettono connessioni globali, ma perché potesse essere conosciuta ed utilizzata su larga scala fu necessaria la creazione del WWW (World Wide Web).

 

Cosa è il WWW?

Era il 1991.

Tim Berners-Lee e Robert Cailliau, due visionari ricercatori al CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra, svilupparono l’HTML (Hyper Text Markup Language) un linguaggio di programmazione con il quale potevano essere creati dei documenti elettronici che condivisi in rete tramite il protocollo HTTP (Hyper Text Transfer Protocol) potevano essere agevolmente consultati per mezzo di un’applicazione, detta browser, chiamata WorldWideWeb.


Il computer sul quale Tim Berners-Lee elaborò il progetto era un NeXT (prodotto da un altro visionario: Steve Jobs) e così il browser cambiò nome chiamandosi Nexus mentre World Wide Web divenne la “grande rete del mondo”.

Il 6 agosto del 1991, tra la prima guerra del Golfo e il disfacimento dell’Unione Sovietica, venne pubblicato il primo sito web ed il 30 aprile del 1993 il CERN rese pubblico il codice sorgente del WorldWideWeb rendendolo così liberamente implementabile da chiunque.

Quell’anno il NCSA (National Center for Supercomputing Applications) dell’Università dell’Illinois (U.S.A.) rilasciò MOSAIC, il primo browser leggero che permise l’accesso al Web anche fuori dagli ambienti scientifico-accademici: era iniziata l’era digitale globale e la sfida adesso era fornire connettività.

 

Cosa significa connettività?

Per spostarci fisicamente da un posto ad un altro del pianeta abbiamo bisogno di un sistema di strade, autostrade, porti, aeroporti, ferrovie, sulle quale muoverci con i mezzi di trasporto. Più persone e mezzi viaggiano più si ha necessità di avere infrastrutture capienti e/o percorsi alternativi allo scopo di non incorrere in rallentamenti dovuti al traffico ed assicurare a tutti la possibilità di muoversi.

connettività

Allo stesso modo, la rete INTERNET è costituita da un sistema di collegamenti elettrici, elettromagnetici, ottici, attraverso i quali viaggia l’informazione digitale. Più persone accedono alla rete, più informazioni devono transitare, maggiore dovrà essere la capacità dell’infrastruttura allo scopo di assicurare a tutti la possibilità di fruire dei servizi correlati.

La connettività quindi è la capacità che sistemi diversi hanno di collegarsi e comunicare fra loro al fine di scambiarsi informazioni, ma se le informazioni sono moltissime – così come gli utenti – è necessario creare un’infrastruttura che garantisca un’ampia larghezza di banda e cioè la possibilità di trasmettere una enorme quantità di informazioni in un certo periodo di tempo.

 

L’unità di misura utilizzata nelle telecomunicazioni per quantificare la velocità di trasmissione è il bps (bit per second), che rappresenta il numero di informazioni (0 – 1) inviate in un secondo.

Nel 1969 il primo collegamento ARPANET viaggiava a 50 Kbps [Kilo= 103], oggi le connessioni in fibra ottica che costituiscono le dorsali di rete (backbone) possono raggiungere velocità dell’ordine dei Pbps [Peta= 1015], oltre 20 miliardi di volte tanto!

 

Cosa è la fibra ottica?

La fibra ottica è un sottilissimo filamento composto da due strati concentrici di materiale trasparente (generalmente vetro, ma anche polimeri plastici) estremamente puro: un nucleo centrale (core) delle dimensioni di 8 – 50 µm [micrometro= millesimo di millimetro] ed un mantello (cladding) che lo avvolge della dimensione complessiva di 125 µm.
Per avere un parametro di confronto, un normale capello umano ha un diametro medio di 70 µm.

Il mantello, mediante un differente drogaggio (aggiunta di sostanze chimiche) presenta un diverso indice di rifrazione e sfruttando il fenomeno della riflessione e rifrazione ottica mantiene il segnale all’interno del core.
Per conferirgli resistenza meccanica, il filamento viene rivestito con materiale plastico per un diametro totale di 250 µm.

fibra ottica

La fibra ottica non è conduttrice di elettricità, pertanto può essere tranquillamente inserita nei canali dell’energia elettrica; è totalmente insensibile alle interferenze elettromagnetiche e non ne genera, pertanto è immune ai disturbi ed i segnali non sono intercettabili; non è sensibile alle condizioni climatiche e non ha bisogno di alimentazione elettrica, quindi necessita di scarsa manutenzione; ha una elevata banda passante ed una bassissima attenuazione del segnale, pertanto è particolarmente performante anche sulle lunghe distanze.

I segnali che transitano nella fibra ottica sono impulsi luminosi nello spettro dell’infrarosso emessi da sorgenti ottiche LED o LASER i quali attraversano la fibra e vengono ricevuti da trasduttori optoelettronici che li ritrasformano in segnali elettrici compatibili con le normali apparecchiature elettroniche come computer, TV, decoder, ecc.

Nel campo delle trasmissioni, la fibra ottica rappresenta la tecnologia attualmente più performante ed è grazie al suo impiego che le telecomunicazioni hanno potuto avere grande sviluppo.

Nel 1988 venne posato il TAT-8, primo cavo sottomarino transatlantico equipaggiato con fibra ottica, capace di gestire simultaneamente 40.000 linee telefoniche, numero che può sembrare insignificante, ma basti pensare che il predecessore TAT-7 realizzato con cavi coassiali, ne veicolava solo 4.000, un ordine di grandezza in meno!
Inoltre il TAT-8 riusciva a trasportare segnali a 20 Mbps [Mega= 106], velocità considerata “banda larga”, contribuendo ad aumentare sensibilmente la connettività tra l’America e l’Europa ed aiutando in maniera significativa le prime dimostrazioni di Tim Berners-Lee nell’utilizzo del World Wide Web.

Nel settembre del 2017 è stata ultimata la posa del cavo sottomarino transatlantico MAREA che con le sue otto coppie di fibre ottiche è in grado di trasferire dati alla velocità di 160 Tbps [Tera= 1012].

Nel febbraio del 2021 è stato ultimato e reso operativo il cavo sottomarino transatlantico DUNANT che collega gli Stati Uniti con la Francia e che, realizzato con dodici coppie di fibre ottiche di nuovissima tecnologia, permetterà una velocità di trasferimento dati dell’ordine dei 250 Tbps.

Per la fine del 2021 è previsto l’inizio della posa del cavo sottomarino 2AFRICA, realizzato con tecnologia a sedici coppie di fibre ottiche che avrà una capacità di trasferimento dati di 180 Tbps ed interesserà anche il territorio italiano.

 

Cosa è la banda larga?

Nel linguaggio commercial-tecnologico corrente il termine “banda larga” (broadband) viene utilizzato a partire dalla tecnologia DSL (Digital Subscriber Line) per differenziarla dalle precedenti tecnologie definite a “banda stretta” (narrowband).

In realtà non esiste un vero limite discriminante tra le due tecnologie e la successiva evoluzione determinerà ulteriori denominazioni, come accade già per la “banda ultralarga” (ultrabroadband), pertanto tali definizioni sono esclusivamente indicatrici del range di larghezza di banda utilizzabile dall’utente finale.

Attualmente una connessione si considera in banda larga a partire da velocità di 2 Mbps e in banda ultralarga oltre 30 Mbps.

Connettività in BANDA STRETTA

Modem analogico (56 Kbps)
ISDN <Integrated Services Digital Network> (128 Kbps)

Connettività in BANDA LARGA (tecnologia xDSL)

riferimento ISDN (128 Kbps)
HDSL <High data rate Digital Subscriber Line> (2 Mbps)
SDSL <Symmetric Digital Subscriber Line> (2 Mbps)
SHDSL <Single-pair High-speed Digital Subscriber Line> (8 Mbps)
ADSL <Asymmetric Digital Subscriber Line> (10 Mbps)
ADSL2 <Asymmetric Digital Subscriber Line 2> (12 Mbps)
ADSL2+ <Asymmetric Digital Subscriber Line 2+> (24 Mbps)

Connettività in BANDA ULTRALARGA (tecnologia mista in FIBRA OTTICA e xDSL su ultimo tratto)

riferimento ADSL2+ (24 Mbps)
VDSL <Very high speed Digital Subscriber Line> (52 Mbps)
VDSL2 <Very high speed Digital Subscriber Line 2> (300 Mbps)

Connettività in BANDA ULTRALARGA (tecnologia in FIBRA OTTICA)

riferimento VDSL2 (300 Mbps)
Fibra ottica <configurazione FTTH - offerta commerciale> (1 Gbps)

Nella realtà le velocità possono essere anche sensibilmente inferiori in quanto il segnale risulta inevitabilmente degradato a causa delle condizioni del doppino telefonico che raggiunge l’utente finale.

Il collo di bottiglia è infatti rappresentato proprio dal doppino in rame con il quale è stata realizzata la rete telefonica italiana: il rame è un materiale deteriorabile, sensibile alle condizioni ambientali ed alle interferenze elettromagnetiche, inoltre induce una rilevante degradazione del segnale in funzione della distanza.

Attualmente gli operatori di telecomunicazioni offrono commercialmente connessioni in banda ultralarga denominandole “FIBRA”, ma esistono in realtà svariate configurazioni di tale tecnologia.

A dire il vero tutte le forniture xDSL partono da una dorsale in fibra ottica alla fine della quale si trova un apparato elettronico denominato DSLAM (Digital Subscriber Line Access Multiplexer) che interfacciandosi con il doppino in rame, invia il segnale all’utente finale modulandolo con opportuni protocolli di compressione.

La velocità di connessione disponibile per l’utilizzatore dipende principalmente dalla lunghezza del doppino in rame tra la collocazione del DSLAM e l’abitazione, oltre che dal protocollo di compressione dati utilizzato.

CONFIGURAZIONI DELL’ARCHITETTURA DI RETE IN FIBRA OTTICA (FTTx)


FTTN

(Fiber to the Node)

7 ∼ 24 Mbps

FTTN (Fiber to the Node)

La fibra ottica arriva nella centrale telefonica e da qui il segnale raggiunge l’abitazione su doppino in rame per una lunghezza superiore ai 300 metri.

Questa architettura viene utilizzata per la fornitura di connessioni in banda larga ADSL.


FTTC

(Fiber to the Cabinet)

30 ∼ 100 Mbps

FTTC

La fibra ottica arriva negli armadi in strada posti mediamente a distanze inferiori ai 300 metri da qualsiasi abitazione, da qui il segnale prosegue su doppino in rame.

Mediante tecnologie di compressione VDSL e VDSL2 è possibile raggiungere velocità comprese tra i 30 Mbps ed i 100 Mbps in funzione della distanza dall’armadio.


FTTB

(Fiber to the Building)

100 ∼ 300 Mbps

FTTB

La fibra ottica arriva fino all’edificio, ove è installato un punto di accesso e da questo la connessione arriva nell’abitazione dell’utente tramite doppino in rame e tecnologia VDSL2 riuscendo a raggiungere velocità massime di 300 Mbps.


FTTH

(Fiber to the Home)

1 Gbps ed oltre

FTTH

E’ l’unica vera configurazione di rete in fibra ottica dove la fibra pura arriva fin dentro l’abitazione dell’utilizzatore e non c’è passaggio del segnale nel doppino in rame.

In teoria la velocità è la massima raggiungibile su fibra ottica, attualmente viene commercializzata a 1 Gbps.


 

Perché l’utente finale ha bisogno di banda larga (o meglio ultralarga)?

Se pensiamo che essere connessi ad INTERNET significhi poter navigare su siti web, vuol dire che abbiamo una conoscenza limitata e di basso livello di questo strumento.

Essere connessi ad INTERNET oggi (e quanto più domani) vuol dire – oltre poter navigare su siti web – sfruttare l’opportunità di usufruire di tutta una serie di servizi come videoconferenze, telelavoro, telemedicina, canali multimediali, controllo remoto di innumerevoli dispositivi, streaming audio/video, automazione, possibilità di accedere ad un’immensità di informazioni riducendo enormemente tempi e distanze.

Per veicolare sulla rete tutti questi servizi è necessario dotarsi di una solida infrastruttura capace di garantire un traffico di dati enorme, immaginiamo delle autostrade digitali multicorsia, multipiano, anche ridondanti.

L’obiettivo di dotarsi di un’infrastruttura di rete veloce non è solo quello di fornire a persone, imprese e pubbliche amministrazioni una rete che garantisca migliori servizi o un miglior accesso ad INTERNET, ma anche quello di porre le condizioni per sfruttare l’effetto incrementale che questi investimenti possono generare in termini di diffusione dell’informazione e consapevolezza globale, efficienza delle imprese e relativo aumento di produttività ed occupazione, efficienza ed interazione del rapporto cittadino-amministrazioni-servizi, così come, più in generale, alla crescita della società nel suo insieme.

 

Banda Ultralarga (BUL): la situazione italiana

Negli anni ’70 la scarsa lungimiranza del legislatore italiano favorì lo sviluppo delle trasmissioni televisive via etere a scapito di quelle via cavo (unico caso in Europa insieme alla Grecia) non permettendo così la creazione di un’infrastruttura di trasmissione cablata, pertanto oggi il nostro Paese eredita un considerevole ritardo per quanto concerne la connettività a banda larga, gap che tuttavia stiamo colmando con la realizzazione di un’infrastruttura di rete in fibra ottica.

Lo scorso 27 giugno 2017 con Delibera nr. 253/17/CONS dell’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), l’accesso alla banda larga con velocità di almeno 2 Mbps è stato dichiarato servizio universale, tuttavia già nel 2010 l’Unione Europea, nell’ambito del programma di sviluppo decennale “strategia Europa 2020”, introdusse l’Agenda Digitale Europea con lo scopo di favorire la crescita socio-economica facendo leva sul potenziamento delle tecnologie digitali.

In tale ottica, a livello nazionale venne creata nel 2012 l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) preposta all’attuazione delle direttive europee recepite nell’Agenda Digitale Italiana, ma solo nel 2015, nel contesto dell’Accordo di Partenariato 2014-2020 per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei approvato dalla Commissione Europea, il Governo ha predisposto la “Strategia Italiana per la Banda Ultralarga” che si pone come obiettivo – entro il 2020 – di realizzare un’infrastruttura di rete in fibra ottica capace di fornire l’accesso ad INTERNET alla velocità di almeno 100 Mbps per l’85% della popolazione e almeno 30 Mbps per tutta la cittadinanza.

Il Piano è divenuto definitivamente operativo nel febbraio 2016 e sono attualmente in corso i lavori di posa dei cavi in fibra ottica da parte di vari competitors del settore TLC (telecomunicazioni).

Sul sito dell’AGCOM è disponibile una mappa interattiva sullo stato di copertura della rete in banda larga e ultralarga per l’accesso ad INTERNET sul territorio nazionale.

 

 

 

Il condominio e la fibra ottica per la Banda Ultralarga

Qualsiasi progettista o impiantista sa benissimo che i tradizionali cavi in rame presentano caratteristiche piuttosto limitate nella distribuzione dei segnali; gli antennisti, ad esempio, sono perfettamente a conoscenza delle problematiche dovute alla degradazione del segnale televisivo che la lunghezza dei cavi o il numero di derivazioni comportano.

Tutte queste difficoltà vengono praticamente annullate ricorrendo ad un cablaggio in fibra ottica, ma purtroppo questa soluzione è ancora scarsamente diffusa in ambito residenziale a causa di una limitata conoscenza da parte dell’utenza che tende ad identificarla come destinata ad ambiti professionali, ma anche della inadeguata preparazione di gran parte di progettisti e impiantisti che, per dissimulare la propria incompetenza, tendono a proporre vecchie tecnologie, prospettando viceversa un notevole aggravio di costi, mentre oggigiorno la fibra ottica ha costi perfettamente comparabili con l’impiantistica tradizionale.

Viene in aiuto l’art. 6-ter del Decreto Legge nr. 133/2014 detto “Sblocca Italia(Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito con modificazioni dalla Legge 164/2014, che introducendo l’art. 135-bis al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (D.P.R. 380/2001) rende obbligatoria, dal 1 luglio 2015, per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli oggetto di ristrutturazione edilizia subordinati al rilascio del permesso di costruire, la realizzazione di un cablaggio interno in fibra ottica e la predisposizione di un punto di accesso, raggiungibile dagli operatori di TLC, per l’interconnessione alla rete a banda ultralarga in fibra ottica.

Per la loro valorizzazione, gli edifici dotati di questi sistemi di connettività in fibra ottica, possono esporre un’etichetta con la dicitura “Edificio predisposto alla Banda Larga”, rilasciata da un tecnico abilitato.

Norme per l’infrastrutturazione digitale degli edifici

  1. Tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate dopo il 1º luglio 2015 devono essere equipaggiati con un’infrastruttura fisica multiservizio passiva interna all’edificio, costituita da adeguati spazi installativi e da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete. Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal 1º luglio 2015, in caso di opere che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera c). Per infrastruttura fisica multiservizio interna all’edificio si intende il complesso delle installazioni presenti all’interno degli edifici contenenti reti di accesso cablate in fibra ottica con terminazione fissa o senza fili che permettono di fornire l’accesso ai servizi a banda ultralarga e di connettere il punto di accesso dell’edificio con il punto terminale di rete.
  2. Tutti gli edifici di nuova costruzione per i quali le domande di autorizzazione edilizia sono presentate dopo il 1º luglio 2015 devono essere equipaggiati di un punto di accesso. Lo stesso obbligo si applica, a decorrere dal 1º luglio 2015, in caso di opere di ristrutturazione profonda che richiedano il rilascio di un permesso di costruire ai sensi dell’articolo 10. Per punto di accesso si intende il punto fisico, situato all’interno o all’esterno dell’edificio e accessibile alle imprese autorizzate a fornire reti pubbliche di comunicazione, che consente la connessione con l’infrastruttura interna all’edificio predisposta per i servizi di accesso in fibra ottica a banda ultralarga.
  3. Gli edifici equipaggiati in conformità al presente articolo possono beneficiare, ai fini della cessione, dell’affitto o della vendita dell’immobile, dell’etichetta volontaria e non vincolante di “edificio predisposto alla banda larga”. Tale etichetta è rilasciata da un tecnico abilitato per gli impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, e secondo quanto previsto dalle Guide CEI 306-2 e 64-100/1, 2 e 3.

 

Per tutti gli edifici preesistenti al 1 luglio 2015 l’eventuale realizzazione di un’infrastruttura interna in fibra ottica con punto di accesso disponibile agli operatori TLC per l’interconnessione alla rete, resta in capo alla volontà di innovazione dei proprietari, spesso però restii ad investire per l’innovazione quanto pronti a sperperare per resistere alle evoluzioni tecnologiche, accampando soventemente questioni di tutela della proprietà del singolo e non comprendendo l’importanza che tali servizi innovativi costituiscono per l’interesse collettivo.

Per superare questi ostacoli, già nel 2012 l’art. 14 comma 7 del “Decreto Crescita 2.0(Decreto-Legge nr. 179/2012 convertito con modificazioni dalla Legge 221/2012) aveva disposto l’introduzione del comma 4-bis all’art. 91 del CODICE DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE (Decreto Legislativo nr. 259/2003) ulteriormente poi integrato dall’art. 6-ter del Decreto Sblocca Italia” che ha introdotto anche il comma 4-ter: lo sviluppo della rete in fibra ottica è quindi un obiettivo di interesse strategico e per la sua realizzazione gli operatori di TLC possono accedere in ogni caso alle parti comuni degli edifici, avendo tuttavia l’obbligo di eseguire interventi minimamente invasivi e di ripristinare a loro spese gli eventuali danni arrecati.

Limitazioni legali della proprietà

1. Negli impianti di reti di comunicazione elettronica di cui all’articolo 90, commi 1 e 2, i fili o cavi senza appoggio possono passare, anche senza il consenso del proprietario, sia al di sopra delle proprietà pubbliche o private, sia dinanzi a quei lati di edifici ove non siano finestre od altre aperture praticabili a prospetto.

2. Il proprietario od il condominio non può opporsi all’appoggio di antenne, di sostegni, nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto, nell’immobile di sua proprietà occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini.

3. I fili, cavi ed ogni altra installazione debbono essere collocati in guisa da non impedire il libero uso della cosa secondo la sua destinazione.

4. Il proprietario e’ tenuto a sopportare il passaggio nell’immobile di sua proprietà del personale dell’esercente il servizio che dimostri la necessità di accedervi per l’installazione, riparazione e manutenzione degli impianti di cui sopra.

4-bis. L’operatore di comunicazione durante la fase di sviluppo della rete in fibra ottica può, in ogni caso, accedere a tutte le parti comuni degli edifici al fine di installare, collegare e manutenere gli elementi di rete, cavi, fili, riparti, linee o simili apparati privi di emissioni elettromagnetiche a radiofrequenza. Il diritto di accesso è consentito anche nel caso di edifici non abitati e di nuova costruzione. L’operatore di comunicazione ha l’obbligo, d’intesa con le proprietà condominiali, di ripristinare a proprie spese le parti comuni degli immobili oggetto di intervento nello stato precedente i lavori e si accolla gli oneri per la riparazione di eventuali danni arrecati.

4-ter. L’operatore di comunicazione, durante la fase di sviluppo della rete in fibra ottica, può installare a proprie spese gli elementi di rete, cavi, fili, ripartilinee o simili, nei percorsi aerei di altri servizi di pubblica utilità sia esterni sia interni all’immobile e in appoggio ad essi, a condizione che sia garantito che l’installazione medesima non alteri l’aspetto esteriore dell’immobile né provochi alcun danno o pregiudizio al medesimo. Si applica in ogni caso l’ultimo periodo del comma 4-bis.

5. Nei casi previsti dal presente articolo al proprietario non é dovuta alcuna indennità.

6. L’operatore incaricato del servizio può agire direttamente in giudizio per far cessare eventuali impedimenti e turbative al passaggio ed alla installazione delle infrastrutture.

 

Tale disposto normativo è stato ulteriormente ribadito dall’art. 8 del Decreto Legislativo nr. 33/2016 (Attuazione della direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità), con il quale il “Piano Strategico Italiano per la Banda Ultralarga” diventa operativo introducendo il diritto e l’obbligo per il condominio di consentire l’accesso agli operatori di rete allo scopo di realizzare, a proprie spese, il cablaggio in fibra ottica fino al punto di accesso o, qualora questo manchi, alla sede dell’abbonato, riducendo comunque al minimo l’impatto sulla proprietà privata durante le operazioni.

Infrastrutturazione fisica interna all’edificio ed accesso

  1. I proprietari di unità immobiliari, o il condominio ove costituito in base alla legge, di edifici realizzati nel rispetto di quanto previsto dell’articolo 135-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, o comunque successivamente equipaggiati secondo quanto previsto da tale disposizione, hanno il diritto, ed ove richiestone, l’obbligo, di soddisfare tutte le richieste ragionevoli di accesso presentate da operatori di rete, secondo termini e condizioni eque e non discriminatorie, anche con riguardo al prezzo. Laddove un condominio anche di edifici esistenti realizzi da sé un impianto multiservizio in fibra ottica e un punto di accesso in conformità a quanto previsto dal precitato articolo 135-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, divenendone titolare, ha il diritto ed ove richiestone, l’obbligo, di soddisfare tutte le richieste ragionevoli di accesso presentate da operatori di rete, secondo termini e condizioni eque e non discriminatorie, anche con riguardo al prezzo.
  2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, gli operatori di rete hanno il diritto di installare la loro rete a proprie spese, fino al punto di accesso.
  3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, se la duplicazione è tecnicamente impossibile o inefficiente sotto il profilo economico, gli operatori di rete hanno il diritto di accedere all’infrastruttura fisica interna all’edificio esistente allo scopo di installare una rete di comunicazione elettronica ad alta velocità.
  4. In assenza di un’infrastruttura interna all’edificio predisposta per l’alta velocità, gli operatori di rete hanno il diritto di far terminare la propria rete nella sede dell’abbonato, a condizione di aver ottenuto l’accordo dell’abbonato e purché provvedano a ridurre al minimo l’impatto sulla proprietà privata di terzi.
  5. Se non viene raggiunto un accordo sull’accesso di cui ai commi 1, 3 e 4 entro due mesi dalla data di ricevimento della richiesta formale di accesso, ciascuna delle parti ha il diritto di rivolgersi all’organismo nazionale di cui all’articolo 9.
  6. Il presente articolo non pregiudica il diritto di proprietà del proprietario del punto di accesso o dell’infrastruttura fisica interna all’edificio nei casi in cui il titolare del diritto di usare tale infrastruttura o punto di accesso non ne sia il proprietario, né il diritto di proprietà di terzi, quali i proprietari di terreni e i proprietari di edifici.

 

L’evoluzione tecnologica è possibile unicamente con il lavoro silente e nascosto di cervelli visionari.
L’ostacolo ad essa è rappresentato esclusivamente dal pensiero conformista di encefali capziosi e burocratici.

Se per il primo collegamento italiano ad ARPANET nel 1986 ci vollero ben 6 anni di ostacoli procedurali non ne dovranno trascorrere altrettanti affinchè il nostro Paese si possa dotare della tecnologia necessaria per avere il doveroso sviluppo che merita.

 


Fonti normative: Normattiva
I testi delle normative riportate nell’articolo non rivestono carattere di ufficialità, l’unico testo definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a mezzo stampa, che prevale in caso di discordanza.

Professione: Amministratore di Condominio


Ricordate la scena dell’assemblea di condominio nel film “IL MOSTRO”, di Roberto Benigni?

Tratto da “Il mostro” di Roberto Benigni (1994) – Riprodotto ai sensi dell’art. 70 Legge 22 aprile 1941, n. 633

Era il 1994… preistoria per il mondo dell’amministrazione condominiale… ma oggi che cosa è un amministratore di condominio?

Dalla nascita dei primi agglomerati urbani e fino al 18 giugno 2013, chiunque poteva svolgere l’attività di amministratore di condominio, anche non possedendo qualifiche o professionalità particolari, in quanto non vi era nessuna normativa che poneva limiti specifici in questo settore.

L’art. 25 della Legge 11 dicembre 2012, n. 220 (Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici) introducendo l’art. 71 bis nelle Disposizioni di attuazione del Codice Civile ha fissato, per la prima volta, i requisiti essenziali per l’esercizio della professione di amministratore di condominio, tra i quali – oltre al possesso dei requisiti di onorabilità, – l’aver frequentato un corso di formazione iniziale e l’obbligo di partecipazione ad attività di aggiornamento periodico, senza però indicarne le modalità.

Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro:

a) che hanno il godimento dei diritti civili;

b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;

c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;

d) che non sono interdetti o inabilitati;

e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;

f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;

g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.

Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.

La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall’incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore.

A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e’ consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l’obbligo di formazione periodica.

 

Successivamente il Decreto-Legge 23 dicembre 2013, n. 145 (Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione Italia”) [convertito con Legge 21 febbraio 2014, n. 9 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145)] ha integrato la normativa riguardante l’attività di amministrazione condominiale disponendo, con l’art. 1 comma 9 lettera a), l’emanazione di un regolamento per stabilire i requisiti e le modalità di svolgimento dei corsi necessari per l’esercizio della professione di amministratore di condominio.

Disposizioni per la riduzione dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, per gli indirizzi strategici dell’energia geotermica, in materia di certificazione energetica degli edifici e di condominio, e per lo sviluppo di tecnologie di maggior tutela ambientale


9. La riforma della disciplina del condominio negli edifici, di cui alla legge 11 dicembre 2012, n. 220, e’ così integrata:

a) con Regolamento del Ministro della Giustizia, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinati i requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli amministratori di condominio nonché i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della formazione iniziale e periodica prevista dall’articolo 71-bis, primo comma, lettera g), delle disposizioni per l’attuazione del Codice Civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220;

 

Il regolamento, entrato in vigore il 9 ottobre 2014, con il Decreto del Ministro della Giustizia 13 agosto 2014 n.140, ha stabilito all’art. 5, la durata del corso di formazione iniziale in almeno 72 ore, mentre quello di aggiornamento annuale in almeno 15 ore.

Svolgimento e contenuti dell’attivita’ di formazione e di aggiornamento

Il corso di formazione iniziale si svolge secondo un programma didattico predisposto dal responsabile scientifico in base a quanto specificato al comma 3 del presente articolo. Il corso di formazione iniziale ha una durata di almeno 72 ore e si articola, nella misura di un terzo della sua durata effettiva, secondo moduli che prevedono esercitazioni pratiche.

Gli obblighi formativi di aggiornamento hanno una cadenza annuale. Il corso di aggiornamento ha una durata di almeno 15 ore e riguarda elementi in materia di amministrazione condominiale, in relazione all’evoluzione normativa, giurisprudenziale e alla risoluzione di casi teorico-pratici.

I corsi di formazione e di aggiornamento contengono moduli didattici attinenti le materie di interesse dell’amministratore, quali:

a) l’amministrazione condominiale, con particolare riguardo ai compiti ed ai poteri dell’amministratore;

b) la sicurezza degli edifici, con particolare riguardo ai requisiti di staticità e di risparmio energetico, ai sistemi di riscaldamento e di condizionamento, agli impianti idrici, elettrici ed agli ascensori e montacarichi, alla verifica della manutenzione delle parti comuni degli edifici ed alla prevenzione incendi;

c) le problematiche in tema di spazi comuni, regolamenti condominiali, ripartizione dei costi in relazione alle tabelle millesimali;

d) i diritti reali, con particolare riguardo al condominio degli edifici ed alla proprietà edilizia;

e) la normativa urbanistica, con particolare riguardo ai regolamenti edilizi, alla legislazione speciale delle zone territoriali di interesse per l’esercizio della professione ed alle disposizioni sulle barriere architettoniche;

f) i contratti, in particolare quello d’appalto ed il contratto di lavoro subordinato;

g) le tecniche di risoluzione dei conflitti;

h) l’utilizzo degli strumenti informatici;

i) la contabilità.

L’inizio di ciascun corso, le modalità di svolgimento, i nominativi dei formatori e dei responsabili scientifici sono comunicati al Ministero della Giustizia non oltre la data di inizio del corso, tramite posta certificata, all’indirizzo di posta elettronica che verrà tempestivamente indicato sul sito del Ministero della Giustizia.

Il corso di formazione e di aggiornamento può essere svolto anche in via telematica, salvo l’esame finale, che si svolge nella sede individuata dal responsabile scientifico.

 

E’ quindi evidente che, in virtù del combinato disposto dagli interventi legislativi prima richiamati, l’attività di amministratore di condominio ha superato la vecchia arte del “fai-da-te” ed ha assunto carattere di figura professionale, richiedendo competenze multidisciplinari su diritto, edilizia, contabilità, fiscalità, sicurezza, gestione, ma anche moltissima passione, aggiornamento e capacità di corretta interpretazione delle immanenti elaborazioni normative di settore.

Contestualmente alla riforma condominiale è intervenuta anche la Legge 14 gennaio 2013, n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) che ha disciplinato le professioni non regolamentate in Ordini e Collegi, all’interno delle quali è inquadrabile l’attività dell’amministratore di condominio, legittimandone pertanto la qualità professionale.

L’amministratore di condominio, che svolge la sua attività in forma continuativa, vede ora riconosciuta la propria qualità di professionista, anche se non appartenente ad un Ordine o ad un Collegio (in quanto attualmente non esistenti per la categoria), ma la stessa legge all’art. 2, stabilisce che anche coloro che svolgono attività di amministrazione condominiale possono costituire Associazioni professionali con lo scopo di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, di assicurare, mediante una struttura organizzativa e tecnico-scientifica, un’adeguata formazione permanente ai propri iscritti, nonché vigilare sulla condotta professionale degli associati stabilendo sanzioni disciplinari in caso di violazione del codice di condotta.

Oggetto e definizioni

1. La presente legge, in attuazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell’Unione europea in materia di concorrenza e di libertà di circolazione, disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi.

2. Ai fini della presente legge, per «professione non organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative.

3. Chiunque svolga una delle professioni di cui al comma 2 contraddistingue la propria attività, in ogni documento e rapporto scritto con il cliente, con l’espresso riferimento, quanto alla disciplina applicabile, agli estremi della presente legge. L’inadempimento rientra tra le pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, di cui al titolo III della parte II del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, ed è sanzionato ai sensi del medesimo codice.

4. L’esercizio della professione è libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela, della correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi, della responsabilità del professionista.

5. La professione è esercitata in forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente.

Associazioni professionali

1. Coloro che esercitano la professione di cui all’art. 1, comma 2, possono costituire associazioni a carattere professionale di natura privatistica, fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e garantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza.

2. Gli statuti e le clausole associative delle associazioni professionali garantiscono la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l’osservanza dei principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifica adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’associazione.

3. Le associazioni professionali promuovono, anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta ai sensi dell’art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, vigilano sulla condotta professionale degli associati e stabiliscono le sanzioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice.

4. Le associazioni promuovono forme di garanzia a tutela dell’utente, tra cui l’attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi dell’art. 27-ter del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché ottenere informazioni relative all’attività professionale in generale e agli standard qualitativi da esse richiesti agli iscritti.

5. Alle associazioni sono vietati l’adozione e l’uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi.

6. Ai professionisti di cui all’art. 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito l’esercizio delle attività’professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativo albo professionale.

7. L’elenco delle associazioni professionali di cui al presente articolo e delle forme aggregative di cui all’art. 3 che dichiarano, con assunzione di responsabilità dei rispettivi rappresentanti legali, di essere in possesso dei requisiti ivi previsti e di rispettare, per quanto applicabili, le prescrizioni di cui agli articoli 5, 6 e 7 è pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico nel proprio sito internet, unitamente agli elementi concernenti le notizie comunicate al medesimo Ministero ai sensi dell’art. 4, comma 1, della presente legge.

Validita’ dell’attestazione

1. L’attestazione di cui all’art. 7, comma 1, ha validità pari al periodo per il quale il professionista risulta iscritto all’associazione professionale che la rilascia ed è rinnovata ad ogni rinnovo dell’iscrizione stessa per un corrispondente periodo. La scadenza dell’attestazione è specificata nell’attestazione stessa.

2. Il professionista iscritto all’associazione professionale e che ne utilizza l’attestazione ha l’obbligo di informare l’utenza del proprio numero di iscrizione all’associazione.

 

La legge non indica come obbligatoria l’iscrizione ad un’Associazione professionale di categoria, tuttavia nella scelta di un amministratore di condominio, la clientela che si rivolge ad un professionista iscritto ad un’Associazione professionale ha ovviamente ulteriore garanzia dello standard di qualità delle prestazioni che il professionista scelto è in grado di fornirgli, ma tali qualità devono essere anche partecipate alla clientela con la massima trasparenza, pertanto per il combinato disposto dall’art. 1, comma 3, e art. 8, comma 2 della Legge 4/2013, l’amministratore ha l’obbligo di informare la clientela circa il possesso dei requisiti previsti da tale normativa indicando sulla carta intestata e sulle targhe, in luoghi del condominio esposti a terzi, sia la dicitura “professione svolta ai sensi della Legge nr. 4/2013”, sia il numero di iscrizione all’Associazione.

In caso contrario, l’amministratore di condominio è sanzionabile ai sensi dell’art. 20 del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), in quanto responsabile di una pratica commerciale scorretta poiché limita od omette di fornire informazioni rilevanti delle quali il consumatore ha bisogno allo scopo di prendere una decisione consapevole di natura commerciale.

Divieto delle pratiche commerciali scorrette

1. Le pratiche commerciali scorrette sono vietate.

2. Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

3. Le pratiche commerciali che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell’ottica del membro medio di tale gruppo. E’ fatta salva la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera.

4. In particolare, sono scorrette le pratiche commerciali:

a) ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23 o

b) aggressive di cui agli articoli 24, 25 e 26.

5. Gli articoli 23 e 26 riportano l’elenco delle pratiche commerciali, rispettivamente ingannevoli e aggressive, considerate in ogni caso scorrette.

 


E allora come si fa a capire se chi svolge l’attività di amministrazione condominiale è qualificato per farlo?

La normativa è chiarissima: l’amministratore di condominio, oltre a dover obbligatoriamente possedere i requisiti di onorabilità, pena la cessazione dall’incarico, deve:

1 – aver conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado;

2 – aver frequentato un corso di formazione iniziale della durata di almeno 72 ore;

3 – frequentare un corso di aggiornamento annuale della durata di almeno 15 ore.

 

Solo nel caso in cui un amministratore abbia precedentemente esercitato l’attività per almeno un anno nel periodo compreso tra il 18.6.2010 ed il 18.6.2013 (triennio precedente all’entrata in vigore della legge di riforma), il requisito del diploma di scuola secondaria di secondo grado e della frequenza del corso di formazione iniziale non è vincolante, tuttavia vi è l’obbligo di frequentare il corso di aggiornamento annuale.

Inoltre, qualora l’attività di amministrazione condominiale venga svolta da una società, i predetti requisiti devono essere posseduti, oltre che dalle persone che ricoprono le cariche sociali, anche dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii e non solo dal legale rappresentante della società che magari, per situazioni contingenti, nemmeno svolge materiale attività di amministrazione sul campo.

Resta, infine, una possibilità – stranamente lasciata dal legislatore – che permette lo svolgimento delle funzioni di amministratore di condominio da parte di un condòmino all’interno del proprio edificio: a tale figura non è richiesto il diploma di scuola secondaria di secondo grado, la frequenza del corso di formazione iniziale, ma addirittura nemmeno l’obbligo formativo dell’aggiornamento annuale!    Ora, considerando tutte le incombenze multidisciplinari e le responsabilità in capo ad un amministratore di condominio, appare davvero fantascientifico il fatto che un condòmino, senza professionalità e minimi requisiti, possa gestire la moderna amministrazione condominiale riuscendo ad ottemperare a tutte le scadenze e normative di settore!


Ma chi controlla la presenza di tutti i requisiti necessari per lo svolgimento della professione di amministratore di condominio?

Il legislatore non ha previsto alcun criterio specifico, pertanto questo compito è lasciato ai condòmini che però, pur essendo i principali destinatari dei servizi e delle prestazioni professionali fornite dagli amministratori ed avendo quindi tutto l’interesse a farsi amministrare da professionisti in regola, raramente si curano di effettuare le verifiche necessarie ad accertare il possesso e la permanenza dei requisiti professionali del proprio amministratore.

E allora, prima di nominare un amministratore di condominio, bisogna chiedere a colui che si propone per tale incarico di dimostrare la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 71 bis delle Disp. Att. Codice Civile, di dimostrare di aver frequentato il corso di formazione iniziale e di essere in regola con il suo aggiornamento professionale annuale mediante l’esibizione della certificazione rilasciata da un Responsabile Scientifico di un’Associazione, preferibilmente iscritta al Ministero dell’Industria e dello Sviluppo Economico, poiché in difetto di alcuno di questi requisiti l’eventuale nomina risulterebbe nulla e ciò potrebbe costituire problematiche rilevanti per gli stessi condòmini che, trovandosi in tal caso privi di un amministratore, risponderebbero personalmente per qualsiasi evento negativo che coinvolga il condominio.

Abbiamo visto quindi che i tempi sono cambiati, la materia condominiale si è evoluta e necessita di professionisti sempre più preparati e proattivi, dei manager della gestione immobiliare, dei Building Manager, ma acquisire una valida preparazione professionale significa sostenere dei sacrifici, in termini di tempo, di denaro, di spazio sottratto ai propri affetti e questo necessariamente va ad influire sul prezzo che tale professionalità assume sul mercato.

E’ necessario però essere consapevoli che spesso per riparare una macchina non basta saper avvitare un bullone: bisogna soprattutto sapere qual è il bullone da avvitare e questa capacità si acquisisce esclusivamente con la preparazione, l’impegno, lo studio, la passione e tanta, tanta esperienza: la professionalità costa!

Allo stesso tempo anche i condòmini sono sempre più presenti, preparati ed informati in materia condominiale e pongono sempre maggiore attenzione nella scelta del proprio amministratore, valutando che non sempre ad un compenso basso corrisponde un buon amministratore condominiale, anzi nella maggior parte dei casi è proprio il contrario.

 

Quindi, cari condòmini, scegliete consapevolmente il vostro amministratore!


Fonti normative: Normattiva
I testi delle normative riportate nell’articolo non rivestono carattere di ufficialità, l’unico testo definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a mezzo stampa, che prevale in caso di discordanza.